Quello che segue è il testo completo di un’intervista del Febbraio 2014, la cui sintesi è apparsa in video, a Gabriele Ruffatti, direttore del Centro di Competenza Open Source di Engineering, sull’esperienza di Engineering nell’Open Source, a 10 anni dal lancio di Spago World.
Il testo dell’intervista in Inglese è qui.
Open Source Software: ancora attuale?
L’open source ha compiuto da poco 16 anni, se facciamo coincidere la sua data di fondazione con quella della Open Source Initiative che nel 1998 ha stabilito la definizione di Open Source ed ha creato la lista di licenze “approvate”. Ciò è avvenuto sulle premesse stabilite anni prima dalla Free Software Foundation, fondata da Richard Stallman nel 1985, che aveva dato origine al concetto di software libero e, di conseguenza, alla nota licenza GNU GPL. Anche se il software libero/open source nasce quindi circa venti anni fa, il suo picco di popolarità si posiziona all’inizio degli anni 2000, quando ha dato concretamente avvio a nuove opportunità di business.
Dopo qualche anno, se oggi accediamo al sito delle principali aziende produttrici di software open source, fatichiamo a trovare traccia di questo termine. Nel mondo si tengono ancora eventi e conferenze sull’open source, ma sempre più si parla genericamente di open (open world, open solutions) o di open innovation. E’ lecito quindi domandarsi se sia ancora attuale argomentare sull’open source.
Cosa si intende per open source
Facciamo ora un passo indietro e vediamo cosa si intende con open source. Il termine open source definisce una modalità di distribuzione del software. In pratica, si tratta di un contratto di licenza tra il produttore (che possiamo chiamare anche sviluppatore) e l’utente che, anziché proteggere i diritti di proprietà di chi lo ha sviluppato e limitare i diritti di chi lo utilizza, privilegia volontariamente questi ultimi creando così le condizioni perché il software stesso possa crescere, trasformarsi e migliorare nel tempo grazie ad uno sviluppo collaborativo. Le quattro libertà fondamentali protette dalla licenza GNU GPL, successivamente riprese nella Open Source Definition, sono la libertà di utilizzare i programmi per ogni scopo, di studiarli ed adattarli alle proprie esigenze, di migliorarli e di distribuire i miglioramenti.
A partire da questa concezione iniziale, che ha proposto questo paradigma come un modo per affermare la libertà individuale, accompagnato talvolta anche da atteggiamenti di natura ideologica, si è sviluppata una prassi di flessibilità, resa possibile dalla riduzione delle barriere all’accesso alla tecnologia consentita proprio dalle licenze open source. Questo ha dato origine a pratiche di collaborazione e di condivisione della conoscenza ed ha anche creato nuove opportunità imprenditoriali basate sulla produzione di software in un mercato aperto e competitivo.
Innovazione e qualità
Non voglio sminuire l’importanza di affermare e proteggere, anche grazie al software libero, la libertà individuale e, soprattutto, di trasferire questa libertà agli altri, offrendo a ciascuno l’opportunità di poter gestire in autonomia il proprio sviluppo. Ma ciò che ci porta ancora oggi a parlare di open source è quanto questo fenomeno ha prodotto nel tempo. Oggi l’open source è caratterizzato da un alto tasso di innovazione e da elevata qualità, in considerazione anche della rapida evoluzione cui è soggetto grazie al suo modello di sviluppo. Non a caso le soluzioni open source sono leader in tutti i campi dell’Information Technology ad elevato tasso di innovazione, come il mobile, il cloud computing, il big data e il future internet, dove la tecnologia software abilita l’interazione tra oggetti e tra uomo ed oggetti. Più in generale, oggi l’open source è alla base di tutti gli sviluppi dei nuovi prodotti software.
Una modalità di sviluppo collaborativa
L’open source ha promosso e consolidato una modalità di sviluppo collaborativa che dal modello iniziale descritto nella “Cattedrale ed il Bazaar” – in riferimento al titolo del famoso testo di Eric Raymond – si è evoluto anche in forme di co-opetition- neologismo che individua la contemporanea presenza di collaborazione e competizione – dove i principali leader di mercato condividono i costi di sviluppo e trovano un terreno comune dove standardizzare requisiti e collaborare nell’individuare e sviluppare le migliori caratteristiche di base di un’applicazione. Allo stesso tempo, ciascuno utilizza questa base comune per differenziare la propria proposta di prodotto aggiungendo funzionalità distintive o interfacce particolari. Un esempio fra tutti è il consorzio GENIVI, per la produzione di soluzioni di infotainment per il mercato automobilistico, le cui soluzioni si basano sul sistema operativo Linux, e che coinvolge più di 170 aziende di varia natura distribuite a livello internazionale.
Sostenibilità: l’open source per sviluppi duraturi
Collaborazione significa anche assicurare una base solida per la durata nelle soluzioni nel tempo. Il progetto PolarSys di Eclipse Foundation ha l’obiettivo non solo di sviluppare strumenti open source per lo sviluppo di sistemi embedded per il settore aerospaziale, per la difesa, la sicurezza, l’energia, la sanità, le telecomunicazioni ed i trasporti, ma anche di garantire a questi una sostenibilità nel tempo, con cicli di vita capaci di superare i 50 anni, un’era geologica nel mondo dell’IT e con una durata difficile da garantire da parte di una singola azienda. Fra tutti, il produttore di aerei Airbus è partner di questo progetto.
Da tutto questo ora è più chiaro perché lo sviluppo e l’adozione di software open source è un dato sempre più “scontato” nel mondo dell’Information Technology e sempre di più si parla di “open innovation”, guardando al risultato che questo produce.
Produzione di valore
L’open source è software, è tecnologia, e la tecnologia è solo un mezzo per realizzare applicazioni. Oggi la pervasività e l’importanza delle applicazioni informatiche è tale che è facilmente comprensibile come il software sia un mezzo per creare valore. Aziende come Amazon, Google, Facebook, Twitter, per le quali si dibatte del valore economico e del valore che potranno ulteriormente generale, non esisterebbero, almeno nella forma attuale, senza l’open source.
Queste aziende utilizzano software open source e sono felici di contribuire allo sviluppo di nuovi progetti, i cui risultati vengono utilizzati per la propria operatività che spesso avviene in modalità cloud o attraverso la vendita di servizi, in approccio Sofware as a Service, o attraverso applicazioni specifiche che soddisfano particolari bisogni di mercato. Queste aziende non traggono valore dalla vendita di software o servizi basati sull’open source, ma da ciò che le differenzia sul mercato, il tutto realizzato per mezzo dell’open source.
Il valore dei big data
Prendiamo un altro esempio: il contesto noto come Big Data. Per lungo tempo si è dibattuto su quali ne fossero gli elementi identificativi, a partire dalle 3V che “definiscono” i bigdata: Volume, Velocità, Varietà. Nel dibattito, in aggiunta alle considerazioni sull’importanza di poter gestire grandi volumi di dati, o di poter fornire risposte informative rapide in modalità real-time o quasi, o di poter interpretare automaticamente dati molto diversi che talvolta includono molteplici significati, è emersa una nuova V, che io considero la più importante: quella che identifica il Valore. Questo deriva dalla capacità dei processi e delle tecnologie big data di estrarre valore dalle informazioni per produrre valore per gli utenti e la società.
Oggi si parla di public service applications per i trasporti, per la sanità, per i contesti smart (smart cities, smart spaces, smart energy), e tutti questi nuovi servizi operano ed esprimono il proprio valore grazie alle tecnologie big data. Ed è proprio qui che l’open source svolge un ruolo decisivo: la collaborazione, la possibilità di controllo, lo sviluppo diffuso favoriscono l’innovazione. Un nome fra tutti: Hadoop.
Engineering e l’open source
Engineering è un protagonista nell’Information Technology con un’offerta completa di consulenza, servizi e prodotti. Ma posso a buon titolo affermare che il suo DNA, ed è quanto mi ha visto coinvolto in questi anni, è quello del system integrator. E per un system integrator l’open source è un’occasione importante – direi quasi necessaria – per consentirgli di fare al meglio il mestiere che più conosce: realizzare soluzioni che meglio soddisfino i requisiti dei propri clienti. Per questo è necessario conoscere il mercato e le tecnologie disponibili, sapersi adattare rapidamente a nuovi contesti, essere indipendenti e neutrali rispetto a vendor e soluzioni e avere una elevata libertà di manovra e rapidità decisionale. In altri termini: “la sfida per un system integrator è la preparazione d’eccellenza”.
E’ stato quindi naturale per Engineering utilizzare software open source da sempre, a partire dalle realizzazioni sviluppate nei laboratori di Ricerca e Sviluppo.
Dieci anni di SpagoWorld
La svolta è iniziata dieci anni fa, nel 2004, quando Engineering, uno tra i pochi grandi system integrator Europei – e oggi praticamente l’unico – ha deciso non solo di utilizzare, ma anche di sviluppare software open source. Ricordo ancora la conferenza stampa in cui, assieme agli amici Mimmo Cosenza e Stefano Maffulli– due italiani con grande reputazione nell’open source – annunciavamo il rilascio libero di un asset aziendale: il framework Spago. Un nome italiano che rimanda a qualcosa che lega, senza costringere, per integrare soluzioni e costituire un ecosistema. E per i bongustai, fa l’occhiolino alla cucina italiana come è nota nel mondo!
Ma perché la scelta di sviluppare progetti open source? Ancora una volta perché solo “facendo” si impara veramente: se vuoi conoscere l’open source devi “sporcarti le mani”, sviluppare, rilasciare, entrare in comunità internazionali, comprendere come integrare, condividere e risolvere conflitti, risolvere la complessità delle licenze e dei relativi aspetti legali.
Una presenza internazionale
Ecco quindi che Engineering ha avviato l’iniziativa SpagoWorld, ha contribuito a fondare OW2, l’unica associazione open source globale di matrice Europea, ha aderito ad Eclipse Foundation, ha contributo a progetti Apache, è entrata in contatto con la nuova iniziativa di governance di Open Source Initiative. Insomma, è presente lì dove si fa open source.
SpagoWorld ha creato quattro progetti in OW2 e due in Eclipse ed ha stimolato iniziative in vari ambiti, dalle architetture a servizi, alla location intelligence, al big data.
Uno fra tutti, oggi SpagoBI è un progetto che continua a far evolvere l’unica suite per la Business Intelligence ed il Big Data completamente open source e con reputazione internazionale di alto livello. Posso, con orgoglio, affermare, che un pezzo di Engineering, il Centro di Competenza SpagoBI, oggi si confronta alla pari con i più rinomati vendor open source americani.
Il centro di Competenza Open Source
Da tutta questa esperienza è attivo in Engineering uno specifico Centro di Competenza capace di mobilitare oltre 100 risorse, con un’esperienza internazionale di sviluppo e coordinamento di progetti open source. Le competenze professionali sono diverse e consentono di proporre un’offerta variegata, completa ed integrata di servizi, progetti e prodotti sull’intero stack software: infrastrutture di base, middleware e applicazioni. Le principali competenze riguardano lo sviluppo di soluzioni nei più diversi ambiti applicativi, la conoscenza dei prodotti open source di mercato, competenze legali, servizi di selezione e di introduzione in azienda di soluzioni e componenti open source, servizi di integrazione, servizi tecnici e professionali di supporto, servizi di migrazione, assessment, benchmark e gestione dei rischi.
Questi servizi sono molto apprezzati da enti pubblici ed aziende che spesso non sanno a chi affidarsi per il supporto e la manutenzione di soluzioni open source o che voglio estendere il supporto fornito da un singolo vendor che garantisce una soluzione specifica, a chi è in grado di prendersi in carico il supporto di un intero stack applicativo integrato.
Un atteggiamento pre-adattivo
Mi vengono in mente le riflessioni stimolate qualche anno fa dal prof. Pilotti dell’Università di Milano quando assieme discutevamo di sistemi pre-adattivi.
In questi anni, tra chi si occupa di innovazione, si è diffusa una modalità di operare che si è rafforzata anche grazie alla partecipazione al contesto open source. Una modalità che riguarda la collaborazione aperta, lo scambio di conoscenza, ma anche un atteggiamento, appunto, pre-adattivo. Con questo intendo uno “stare alla finestra”, non semplicemente in attesa degli eventi per poter adattarvisi con prontezza quando questi avverranno, ma in modo proattivo, costruendo un contesto organizzativo che sappia generare una riserva di potenziale senza conoscere quando essa potrà essere utilizzata, ma avendo ben chiaro il come. Ben sapendo che potrà anche essere necessaria una “virata” se il “vento lo richiederà”. Per questo è necessario guardare al futuro, con gli occhi e la mente aperti, consapevoli che è cruciale sia investire nelle relazioni di rete, sia contribuire ad alimentare il proprio ecosistema. E’ altrettanto necessario sviluppare competenze specializzate e multi-disciplinari, verso complementarietà della conoscenza, che consentano di acquisire un modo di pensare che sia pronto a cogliere e far emergere i cambiamenti futuri. Questo è il passo necessario per camminare nel futuro per cogliere le opportunità offerte dall’innovazione.
Il futuro dell’open source in Engineering
Non è facile prevedere quale sarà il futuro dell’open source in Engineering perché questo è un tema connesso all’evoluzione dell’Information Technology in generale. Pur accettando il rischio di affrontare l’argomento – in quanto alcune indicazioni si intravedono – il discorso porterebbe troppo lontano. Sicuramente nel breve l’attenzione per le competenze open source, i propri prodotti come SpagoBI e la loro valorizzazione saranno un aspetto importante per Engineering, su cui si investirà ancora.
Vorrei concludere con alcune parole che ho scritto ad inizio anno nel “foglio bianco” del 2014.
Le prime sono “bellezza” ed “amore”
Io vedo la bellezza nel software, in chi lo sviluppa e in cosa questo produce. Il bello di ciò che non si vede, oltre ciò che si vede. La bellezza di ciò che si vive ogni giorno!
L’amore è invece comprendere l’identità, è conoscersi, conoscere, accogliere, dare … valore.
Amore, bellezza, ma anche talento e tanta passione.
Questi ingredienti sono stati la linfa delle vere comunità open source.
Per questo mi aspetto un futuro luminoso sia per l’open source in Engineering, sia per quanto ne deriverà.